Margherita Cesaretti      Costanza De Rogatis       Alessandro Pace       Barbel Reinhard

Shameless

 9 December 2011–20 April , 2012

Alla radice della vergogna sta l’alterità, la presenza dell’osservatore da un lato e l’essere esposto allo sguardo dall’altro lato. Guardando si svela qualcosa che doveva rimanere nascosto al giudizio altrui e lo si rende oggetto di una valutazione condizionata da norme sociali. La parola shame deriva dal termine indogermanico kam, che significa coprire, nascondere, rendere inaccessibile allo sguardo che penetra e smaschera. Il progetto proposto tramite il lavoro dei quattro fotografi riflette su aspetti della vergogna provocati dall’essere scoperto, ma anche dall’atto di svelare.

La fotografia come mezzo visivo registra l’oggetto dello sguardo fissandolo e isolandolo nel tempo, testimoniandolo, moltiplicandolo nell’esibirlo.

Kam riflette sulle implicazioni sociali della vergogna, si muove tra i due poli dell’essere soggetto o oggetto che ne segnano la presenza o la totale assenza. Lo sguardo che penetra la superficie e arriva in zone intime, normalmente protette da esso è tematizzato sia nel lavoro Cere di Margherita Cesaretti, sia in L’irrequietezza della sospensione di Alessandro Pace. Questo guardare oltre un certo limite può creare disagio tramite lo sguardo intruso, che penetra e smaschera. le Cere espongono un corpo vivo, sezionato nelle sue parti anatomiche e l’interiorità dell’essere umano sotto la pelle che protegge e delinea il confine con il mondo esterno. Il lavoro di Alessandro Pace invece si concentra su stanze distrutte dal terremoto dell’Aquila, che abbandonate in fretta e private della loro funzione di luogo intimo sono diventate vittime di intrusione e saccheggiamento testimoniando inoltre il fallimento della ricostruzione.

Costanza De Rogatis ci propone con Fading una panoramica ironica ed amara di situazioni quotidiane che imbarazzano e rendono allo stesso tempo complici chi li scorge. La decadenza del corpo umano ed il tentativo spesso invano di smascherarlo confluisce in un quasi assurdo esibizionismo.

Il Disagio nella civiltà di Bärbel Reinhard riflette sull’esposizione involontaria allo sguardo continuo. Il guardare rende oggetto di una forma di curioso voyerismo gli animali dello zoo che privati della loro sfera intima, si esibiscono senza possibilità di fuga, avendo loro malgrado sentimenti di vergogna. Privati dell’autonomia la loro identità è stata mutata in funzione dell’essere osservati.

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